A Caserta tutti contro tutti
Rosy Bindi contro Barbara Pollastrini. Emma Bonino contro Antonio Di Pietro. Antonio Di Pietro contro Clemente Mastella. Vannino Chiti contro Giuliano Amato. E Piero Fassino, per difendere se stesso, contro Romano Prodi.
Il vertice di Caserta si apre così, tutti contro tutti.
E’ alquanto singolare, poi, che Palazzo Chigi prediliga il termine “conclave”, al posto di “vertice”. Vertice sa di Prima Repubblica, dicono gli uomini del Professore. Dai conclavi, invece, si esce Papa. E quello della Reggia sembra un conclave dei tempi dei Borgia.
Un Papa usciva comunque e poco importava se qualche cardinale ci lasciava le penne.
In effetti, l’appuntamento di giovedì e venerdì segnerà (dovrà segnare) una svolta nella politica della maggioranza, in un senso od in un altro.
Potrebbe segnare la fine del governo Prodi, qualora dovesse vincere la linea riformista di Fassino (boicottata dai suoi stessi ministri) sulle riforme strutturali, pensioni in testa. Rappresenterà la parabola discendente del segretario dei ds, se prevarrà la linea-Prodi dell’immobilismo.
La terza via dalemiana (ai tempi dell’alleanza con Blair) non è prevista.
Ed è per queste ragioni (figlie anche del proporzionale) che all’appuntamento i ministri si presentano tutti contro tutti. Per i motivi più vari.
Le ministre Bindi e Pollastrini perché stanno lavorando a due diversi e distinti disegni di legge sulle unioni di fatto. La Bonino contro Di Pietro per la mancata fusione Autostrade-Abertis. Di Pietro contro il progetto di riforma della Giustizia annunciata da Mastella. Vannino Chiti contro Giuliano Amato sulla riforma elettorale.
In questo clima di guerriglia, Prodi punta a prendere tempo.
A smussare gli angoli, dettando l’agenda dei prossimi mesi, affiancato – come sempre – da Tommaso Padoa Schioppa.
Il vertice di Caserta si apre così, tutti contro tutti.
E’ alquanto singolare, poi, che Palazzo Chigi prediliga il termine “conclave”, al posto di “vertice”. Vertice sa di Prima Repubblica, dicono gli uomini del Professore. Dai conclavi, invece, si esce Papa. E quello della Reggia sembra un conclave dei tempi dei Borgia.
Un Papa usciva comunque e poco importava se qualche cardinale ci lasciava le penne.
In effetti, l’appuntamento di giovedì e venerdì segnerà (dovrà segnare) una svolta nella politica della maggioranza, in un senso od in un altro.
Potrebbe segnare la fine del governo Prodi, qualora dovesse vincere la linea riformista di Fassino (boicottata dai suoi stessi ministri) sulle riforme strutturali, pensioni in testa. Rappresenterà la parabola discendente del segretario dei ds, se prevarrà la linea-Prodi dell’immobilismo.
La terza via dalemiana (ai tempi dell’alleanza con Blair) non è prevista.
Ed è per queste ragioni (figlie anche del proporzionale) che all’appuntamento i ministri si presentano tutti contro tutti. Per i motivi più vari.
Le ministre Bindi e Pollastrini perché stanno lavorando a due diversi e distinti disegni di legge sulle unioni di fatto. La Bonino contro Di Pietro per la mancata fusione Autostrade-Abertis. Di Pietro contro il progetto di riforma della Giustizia annunciata da Mastella. Vannino Chiti contro Giuliano Amato sulla riforma elettorale.
In questo clima di guerriglia, Prodi punta a prendere tempo.
A smussare gli angoli, dettando l’agenda dei prossimi mesi, affiancato – come sempre – da Tommaso Padoa Schioppa.
E, per ironia della sorte, sarà proprio il ministro dell’Economia (il più liberista a parole di tutto l’esecutivo) a dover difendere la mancata scelta di Palazzo Chigi in materia previdenziale.
Proprio lui che nel Dpef aveva scritto di voler introdurre riforme nel pubblico impiego, nelle pensioni, nel finanziamento agli enti locali, nella Sanità.
Solo sposando in pieno la linea Prodi, Padoa Schioppa può avere qualche possibilità di conservare la poltrona, a cui punta Fassino e tentare di risalire la classifica che lo vede all’ultimo posto nell’indice di gradimento degli italiani.
Proprio lui che nel Dpef aveva scritto di voler introdurre riforme nel pubblico impiego, nelle pensioni, nel finanziamento agli enti locali, nella Sanità.
Solo sposando in pieno la linea Prodi, Padoa Schioppa può avere qualche possibilità di conservare la poltrona, a cui punta Fassino e tentare di risalire la classifica che lo vede all’ultimo posto nell’indice di gradimento degli italiani.
Caserta: tutto si risolve in sei ore
Considerando le premesse, il conclave di Caserta non giustifica né le spese sostenute per l’organizzazione, né l’impiego delle forze dell’ordine per motivi di sicurezza, né l’enfatizzazione dei media nel presentare l’appuntamento campano come esempio di serietà e concretezza del governo.
Impegno di cui si fa carico soprattutto Repubblica con due pagine fitte di notizie e particolari tutti tesi a confermare che la faccenda è importante, che qui si gioca il futuro del paese, che i membri del governo non usciranno dalla Reggia, che dormiranno in semplici lenzuola di cotone, che potranno gustare delle austere mozzarelle di bufala e che potranno godere di un semplice dono. Un centrotavola a ciascun ministro e una coperta borbonica per la signora Prodi. Alla first lady - la cui presenza confermerebbe lo spirito vacanziero dell’evento - sarà donato un “Damasco Luigi XVI color giallo, cento per cento organzino con frange lavorate a mano”. E fra cerimoniale, cene, convenevoli e incontri istituzionali, la due giorni in effetti si riduce, nel pieno rispetto sindacale, a sei ore lavorative, vale a dire dalle 15 alle 21 di giovedì visto che il venerdì mattina sarà dedicato al consiglio dei ministri e poi alla conferenza stampa. Troppo poco se si vuole prendere sul serio l’intenzione dichiarata del premier che nella reggia borbonica vuole “definire l’agenda di governo per il 2007”, troppo poco se si tiene conto delle divisioni che segnano l’agenda dei singoli ministri i quali, al contrario dei moschettieri, sono uno contro tutti e tutti contro uno.
La Bonino ha già dichiarato guerra a Di Pietro e aspetta giovedì per ordinare l’attacco in difesa dell’Europa, la Bindi ha già affilato le sue armi contro la Pollastrini e contro ogni ipotesi di Pacs, i riformisti si preparano a duellare con i “comunisti” dell’esecutivo per difendere le riforme irrinunciabili, dalle pensioni alle liberalizzazioni, dal welfare all’ambiente.
Come faranno i “nostri eroi a risolvere tutti questi problemi in appena sei ore?”. Di non farcela sono certi gli stessi protagonisti dell’evento che “si sacrificano” nella città campana solo per motivi di comunicazione.
Lamentano che il crollo nei sondaggi è causato da una cattiva informazione, che la finanziaria non è stata compresa per un difetto mediatico e allora si ingegnano per mostrare quello che non è.
A mettere in scena delle tristi commedie degli equivoci per ribadire, come dicevano i manifesti di Prodi, che la serietà è al governo. Per fortuna nessuno ci crede più. Anzi, l’indignazione sale e il gradimento scende perchè, come dicono al Bagaglino, “con la finanziaria è cambiata l’aria. Prodi è un mago e io pago”.
Considerando le premesse, il conclave di Caserta non giustifica né le spese sostenute per l’organizzazione, né l’impiego delle forze dell’ordine per motivi di sicurezza, né l’enfatizzazione dei media nel presentare l’appuntamento campano come esempio di serietà e concretezza del governo.
Impegno di cui si fa carico soprattutto Repubblica con due pagine fitte di notizie e particolari tutti tesi a confermare che la faccenda è importante, che qui si gioca il futuro del paese, che i membri del governo non usciranno dalla Reggia, che dormiranno in semplici lenzuola di cotone, che potranno gustare delle austere mozzarelle di bufala e che potranno godere di un semplice dono. Un centrotavola a ciascun ministro e una coperta borbonica per la signora Prodi. Alla first lady - la cui presenza confermerebbe lo spirito vacanziero dell’evento - sarà donato un “Damasco Luigi XVI color giallo, cento per cento organzino con frange lavorate a mano”. E fra cerimoniale, cene, convenevoli e incontri istituzionali, la due giorni in effetti si riduce, nel pieno rispetto sindacale, a sei ore lavorative, vale a dire dalle 15 alle 21 di giovedì visto che il venerdì mattina sarà dedicato al consiglio dei ministri e poi alla conferenza stampa. Troppo poco se si vuole prendere sul serio l’intenzione dichiarata del premier che nella reggia borbonica vuole “definire l’agenda di governo per il 2007”, troppo poco se si tiene conto delle divisioni che segnano l’agenda dei singoli ministri i quali, al contrario dei moschettieri, sono uno contro tutti e tutti contro uno.
La Bonino ha già dichiarato guerra a Di Pietro e aspetta giovedì per ordinare l’attacco in difesa dell’Europa, la Bindi ha già affilato le sue armi contro la Pollastrini e contro ogni ipotesi di Pacs, i riformisti si preparano a duellare con i “comunisti” dell’esecutivo per difendere le riforme irrinunciabili, dalle pensioni alle liberalizzazioni, dal welfare all’ambiente.
Come faranno i “nostri eroi a risolvere tutti questi problemi in appena sei ore?”. Di non farcela sono certi gli stessi protagonisti dell’evento che “si sacrificano” nella città campana solo per motivi di comunicazione.
Lamentano che il crollo nei sondaggi è causato da una cattiva informazione, che la finanziaria non è stata compresa per un difetto mediatico e allora si ingegnano per mostrare quello che non è.
A mettere in scena delle tristi commedie degli equivoci per ribadire, come dicevano i manifesti di Prodi, che la serietà è al governo. Per fortuna nessuno ci crede più. Anzi, l’indignazione sale e il gradimento scende perchè, come dicono al Bagaglino, “con la finanziaria è cambiata l’aria. Prodi è un mago e io pago”.
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