lunedì, marzo 26, 2007

Saluto al Santo Padre Benedetto XVI di don Julián Carrón

Santità,

una gioia immensa è il sentimento che invade ognuno di noi, contentissimi di poterla incontrare e condividere con Lei questo momento. Mi consenta di ringraziarla con tutto il cuore a nome dei miei amici per questo dono impagabile.

Abbiamo ancora vivissima nella memoria l’ultima volta che La abbiamo incontrata in occasione del funerale di don Giussani. La sua commovente disponibilità a venire a celebrarlo e le parole piene d’affezione e di comprensione profonda di lui, non potremo mai dimenticarle. Quante volte, da allora, ci siamo sorpresi a parlare di don Giussani con le parole che Lei ci ha rivolto quel giorno per descriverne la personalità: un uomo ferito dalla bellezza, che non guidava a sé, ma a Cristo, e così guadagnava i cuori!

È da lui, dalla sua testimonianza instancabile, che noi abbiamo imparato quello che Lei non si stanca di ripetere a tutti da quando è salito al Soglio Pontificio: la bellezza del cristianesimo. Noi siamo affascinati dalla bellezza di Cristo, resa persuasiva dall’intensità contagiosa di don Giussani, fino al punto che ciascuno di noi può ripetere con Jacopone da Todi: «Cristo me trae tutto, tanto è bello». Questa bellezza del cristianesimo noi l’abbiamo scoperta senza tralasciare niente di quello che è autenticamente umano. Anzi, per noi vivere la fede in Cristo coincide con l’esaltazione dell’umano. Tutto il tentativo educativo di don Giussani è stato mostrare la corrispondenza di Cristo con tutte le autentiche esigenze umane. Egli era convinto che solo una proposta rivolta alla ragione e alla libertà, e verificata nell’esperienza, fosse in grado di interessare l’uomo, perché l’unica in grado di fare percepire la sua verità, cioè la sua convenienza umana. Così ci ha mostrato come è possibile vivere la fede da uomini, nel pieno uso della ragione, della libertà e dell’affezione. Noi vogliamo seguire le sue orme.

Davanti a tanta grazia è impossibile non sentire i brividi per tutta la nostra sproporzione. Per questo siamo ritornati spesso, particolarmente in questi giorni di preparazione all’incontro con Lei, alle parole che don Giussani ci rivolse nel 1984 per il trentennale della nascita del movimento:

«Man manoche maturiamo, siamo a noi stessi spettacolo e, Dio lo voglia, anche agli altri. Spettacolo, cioè, di limite e di tradimento e perciò di umiliazione, e nello stesso tempo di sicurezza inesauribile nella grazia che ci viene donata e rinnovata ogni mattino. Da qui viene quella baldanza ingenua che ci caratterizza, per la quale ogni giorno della nostra vita è concepito come un’offerta a Dio, perché la Chiesa esista dentro i nostri corpi e le nostre anime, attraverso la materialità della nostra esistenza».

Consapevoli del nostro niente, domandiamo ogni giorno di poter dire di “sì” alla grazia che ci viene donata perché possiamo testimoniarla senza pretese, ma senza paura, a tutti i nostri fratelli uomini. Siamo certi che, in questo momento di confusione che il mondo sta vivendo, il cuore dell’uomo, pur ferito, resta capace di riconoscere la verità e la bellezza, se la trova sulla strada della vita. Noi desideriamo vivere la novità che ci è capitata in tutte le situazioni e ambienti dove si svolge la nostra esistenza, confidando di poter testimoniare nella nostra piccolezza tutta la bellezza che ha invaso la nostra vita, in modo tale che possa essere incontrata.

Speriamo così che si compia in noi quello che è stato da sempre il metodo di Dio per diventare compagno di cammino per ogni uomo: dare la grazia a uno, perché attraverso di lui possa arrivare a tutti. Come l’ha data a don Giussani perché arrivasse a noi, così è stata data a noi perché arrivi ad altri. È questo che può rendere possibile quell’incontro in cui ha origine la fede cristiana, come Lei, Santità, ci ha ricordato nella sua enciclica Deus caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n.1).

Perciò, in questi anni, abbiamo cercato di prendere sul serio l’invito missionario del Servo di Dio Giovanni Paolo II in occasione del trentennale del movimento: «Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore» (29 settembre 1984). La diffusione del carisma e la crescita delle comunità del movimento in tutto il mondo mostrano la misericordia di Dio, che ha voluto dar frutto al nostro impegno. Viaggiando per il mondo ho visto che un cristianesimo così vissuto, nei suoi elementi essenziali, può trovare tanta accoglienza nel cuore dell’uomo, aldilà di ogni cultura o religione.

Il nostro desiderio è quello che ha sempre mosso il cuore di don Giussani: che in tutto e per tutto la forza persuasiva del movimento sia «strumento della missione dell’unico Popolo di Dio» (Testimonianza di don Luigi Giussani durante l’incontro del Santo Padre Giovanni Paolo II con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità. Piazza San Pietro, Roma, 30 maggio 1998, n. 2); che, cioè, il fascino del carisma incontrato sia per il bene della Santa Chiesa sparsa in tutta il mondo e presente in ogni Chiesa particolare.

Per questo abbiamo chiesto di incontrarla, Santità. Come Lei ben sa, la storia del nostro movimento è stata sempre segnata da questo stretto rapporto con la Sede Apostolica. Fin dall’inizio don Giussani ha cercato di vivere la grazia ricevuta in piena comunione con il successore di Pietro, l’unico in grado di assicurare l’autenticità di ogni tentativo: da Paolo VI a Giovanni Paolo II. Noi siamo testimoni della gratitudine immensa di don Giussani quando Giovanni Paolo II riconobbe la Fraternità di Comunione e Liberazione. E abbiamo negli occhi come espresse tutta la sua devozione davanti a tutti inginocchiandosi ai piedi del Papa il 30 maggio 1998.

Con la stessa devozione, oggi, noi veniamo da Lei nel XXV del riconoscimento pontificio della Fraternità e a due anni dalla morte di don Giussani, ben consapevoli del valore del successore di Pietro per la nostra fede. Senza la sua testimonianza, assicurata dalla potenza dello Spirito, il cristianesimo decadrebbe in una delle tante varianti ideologiche che dominano il mondo.

Siamo qui, Santo Padre, totalmente tesi ad accogliere le indicazioni, e le eventuali correzioni, per il cammino che abbiamo davanti, convinti che, seguendole, renderemo utile per tutta la Chiesa e per il mondo il dono del carisma che ci ha affascinato. Faremo tesoro delle sue parole e, sono sicuro di parlare a nome di ognuno dei miei amici, ci impegneremo nel viverle con tutte le nostre capacità, certi della compagnia appassionata di don Giussani alla nostra vita.

don Julián Carrón

domenica, marzo 25, 2007

UDIENZA DI PAPA BENEDETTO XVI AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO PROMOSSO DALLA FRATERNITÀ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE

Alle ore 12 di sabato 24 marzo 2007, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gli oltre 80.000 partecipanti al Pellegrinaggio promosso dalla Fraternità di Comunione e Liberazione in occasione del XXV anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità, e ha loro rivolto il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

è per me un grande piacere accogliervi quest’oggi, in questa Piazza San Pietro, in occasione del XXV anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. A ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto, in particolare ai Presuli, ai sacerdoti e ai responsabili presenti. In modo speciale saluto Don Julián Carrón, Presidente della vostra Fraternità, e lo ringrazio per le belle e profonde parole che mi ha indirizzato a nome di tutti voi.

Il mio primo pensiero va al vostro fondatore, Mons. Luigi Giussani, al quale mi legano tanti ricordi e che mi era diventato un vero amico. L’ultimo incontro, come ha accennato Mons. Carrón, avvenne nel Duomo di Milano, nel febbraio di due anni or sono, quando l’amato Giovanni Paolo II mi inviò a presiedere i suoi solenni funerali. Lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, attraverso di lui, un Movimento, il vostro, che testimoniasse la bellezza di essere cristiani in un'epoca in cui andava diffondendosi l’opinione che il cristianesimo fosse qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere. Don Giussani s’impegnò allora a ridestare nei giovani l’amore verso Cristo "Via, Verità e Vita", ripetendo che solo Lui è la strada verso la realizzazione dei desideri più profondi del cuore dell'uomo, e che Cristo non ci salva a dispetto della nostra umanità, ma attraverso di essa. Come ebbi a richiamare nell'omelia per il suo funerale, questo coraggioso sacerdote, cresciuto in una casa povera di pane, ma ricca di musica - come amava egli stesso dire - sin dall'inizio fu toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza, non di una bellezza qualunque. Cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita che trovò in Cristo. Come non ricordare inoltre i tanti incontri e contatti di don Giussani con il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II? In una ricorrenza a voi cara, il Papa volle ancora una volta ribadire che l'originale intuizione pedagogica di Comunione e Liberazione sta nel riproporre in modo affascinante e in sintonia con la cultura contemporanea, l'avvenimento cristiano, percepito come fonte di nuovi valori e capace di orientare l'intera esistenza.

L’avvenimento, che ha cambiato la vita del Fondatore, ha "ferito" anche quella dei moltissimi suoi figli spirituali, e ha dato luogo alle molteplici esperienze religiose ed ecclesiali che formano la storia della vostra vasta ed articolata Famiglia spirituale. Comunione e Liberazione è un’esperienza comunitaria della fede, nata nella Chiesa non da una volontà organizzativa della Gerarchia, ma originata da un incontro rinnovato con Cristo e così, possiamo dire, da un impulso derivante ultimamente dallo Spirito Santo. Ancor oggi essa si offre come una possibilità di vivere in modo profondo e attualizzato la fede cristiana, da una parte con una totale fedeltà e comunione con il Successore di Pietro e con i Pastori che assicurano il governo della Chiesa; dall'altra, con una spontaneità e una libertà che permettono nuove e profetiche realizzazioni apostoliche e missionarie.

Cari amici, il vostro Movimento si inserisce così in quella vasta fioritura di associazioni, movimenti e nuove realtà ecclesiali suscitati provvidenzialmente dallo Spirito Santo nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Ogni dono dello Spirito si trova originariamente e necessariamente al servizio dell'edificazione del Corpo di Cristo, offrendo una testimonianza dell'immensa carità di Dio per la vita di ogni uomo. La realtà dei Movimenti ecclesiali, pertanto, è segno della fecondità dello Spirito del Signore, perché si manifesti nel mondo la vittoria di Cristo risorto e si compia il mandato missionario affidato a tutta la Chiesa. Nel messaggio al Congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali, il 27 maggio del 1998, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ebbe a ripetere che, nella Chiesa, non c’è contrasto o contrapposizione tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica, di cui i Movimenti sono un'espressione significativa, perché entrambe sono coessenziali alla costituzione divina del Popolo di Dio. Nella Chiesa anche le istituzioni essenziali sono carismatiche e d’altra parte i carismi devono in un modo o nell’altro istituzionalizzarsi per avere coerenza e continuità. Così ambedue le dimensioni, originate dallo stesso Spirito Santo per lo stesso Corpo di Cristo, concorrono insieme a rendere presente il mistero e l’opera salvifica di Cristo nel mondo. Questo spiega l’attenzione con cui il Papa e i Pastori guardano alla ricchezza dei doni carismatici nell’epoca contemporanea. A questo proposito, durante un recente incontro col clero e i parroci di Roma, richiamando l’invito che san Paolo rivolge nella Prima Lettera ai Tessalonicesi a non spegnere i carismi, ho detto che se il Signore ci dà nuovi doni dobbiamo esserne grati, anche se talora sono scomodi. Al tempo stesso, poiché la Chiesa è una, se i Movimenti sono realmente doni dello Spirito Santo, devono naturalmente inserirsi nella Comunità ecclesiale e servirla così che, nel dialogo paziente con i Pastori, essi possano costituire elementi edificanti per la Chiesa di oggi e di domani.

Cari fratelli e sorelle, il compianto Giovanni Paolo II, in un’altra circostanza, per voi molto significativa, ebbe ad affidarvi questa consegna: «Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore». Don Giussani fece di quelle parole il programma di tutto il Movimento e per Comunione e Liberazione fu l'inizio di una stagione missionaria che vi ha portato in ottanta Paesi. Quest’oggi, io vi invito a continuare su questa strada, con una fede profonda, personalizzata e saldamente radicata nel vivo Corpo di Cristo, la Chiesa, che garantisce la contemporaneità di Gesù con noi. Terminiamo questo nostro incontro volgendo il pensiero alla Madonna con la recita dell’Angelus. Verso di Lei don Giussani nutriva una grande devozione, alimentata dall'invocazione Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam e dalla recita dell'Inno alla Vergine di Dante Alighieri, che avete ripetuto anche questa mattina. Vi accompagni la Vergine Santa e vi aiuti a pronunciare generosamente il vostro "sì" alla volontà di Dio in ogni circostanza. Potete contare, cari amici, sul mio costante ricordo nella preghiera, mentre con affetto benedico voi qui presenti e l’intera vostra Famiglia spirituale

martedì, marzo 20, 2007

MANIFESTO - Più Famiglia

Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese

La famiglia è un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’identità e il futuro delle persone e della comunità sociale. Solo nella famiglia fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale, i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa. La famiglia ha meritato e tuttora esige tutela giuridica pubblica, proprio in quanto cellula naturale della società e nucleo originario che custodisce le radici più profonde della nostra comune umanità e forma alla responsabilità sociale. Non a caso i più importanti documenti sui diritti umani qualificano la famiglia come “nucleo fondamentale della società e dello Stato”.

Anche in Italia la famiglia risente della crisi dell’Occidente - diminuzione dei matrimoni e declino demografico - e le sue difficoltà incidono sul benessere della società, ma allo stesso tempo essa resta la principale risorsa per il futuro e verso di essa si rivolge il legittimo desiderio di felicità dei più giovani. Nel loro disagio leggiamo una forte nostalgia di famiglia. Senza un legame stabile di un padre e di una madre, senza un’esperienza di rapporti fraterni, crescono le difficoltà di elaborare un’identità personale e maturare un progetto di vita aperto alla solidarietà e all’attenzione verso i più deboli e gli anziani. Aiutiamo i giovani a fare famiglia.

A partire da queste premesse antropologiche, siamo certi che la difesa della famiglia fondata sul matrimonio sia compito primario per la politica e per i legislatori, come previsto dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. Chiediamo al Parlamento di attivare - da subito - un progetto organico e incisivo di politiche sociali in favore della famiglia: per rispetto dei principi costituzionali, per prevenire e contrastare dinamiche di disgregazione sociale, per porre la convivenza civile sotto il segno del bene comune.

L’emergere di nuovi bisogni merita di essere attentamente considerato, ma auspichiamo che il legislatore non confonda le istanze delle persone conviventi con le esigenze specifiche della famiglia fondata sul matrimonio e dei suoi membri. Le esperienze di convivenza, che si collocano in un sistema di assoluta libertà già garantito dalla legislazione vigente, hanno un profilo essenzialmente privato e non necessitano di un riconoscimento pubblico che porterebbe inevitabilmente a istituzionalizzare diversi e inaccettabili modelli di famiglia, in aperto contrasto con il dettato costituzionale. Poiché ogni legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e mentalità, siamo convinti che siano sufficienti la libertà contrattuale ed eventuali interventi sul codice civile per dare una risposta esauriente alle domande poste dalle convivenze non matrimoniali.

Come cittadini di questo Paese avvertiamo il dovere irrinunciabile di spenderci per la tutela e la promozione della famiglia, che costituisce un bene umano fondamentale.

Come cattolici confermiamo la volontà di essere al servizio del Paese, impegnandoci sempre più, sul piano culturale e formativo, in favore della famiglia.

Come cittadini e come cattolici affermiamo che ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese. Perciò la difenderemo con le modalità più opportune da ogni tentativo di indebolirla sul piano sociale, culturale o legislativo. E chiederemo politiche sociali audaci e impegnative.

Il nostro è un grande sì alla famiglia che, siamo certi, incontra la ragione e il cuore degli italiani.

Roma, 19 marzo 2007

Hanno sottoscritto il Manifesto:

Forum delle associazioni Familiari Giovanni Giacobbe (Presidente); ACI Luigi Alici (Presidente); ACLI Andrea Olivero (Prsidente); Cammino Neocatecumenale Chico Arguello (Fondatore); Centro Sportivo Italiano Edio Costantini (Presidente); CIF Anna Maria Pastorino (Presidente); CNAL - Consulta Nazionale Aggregazioni Laicali Gino Doveri (Segretario Generale); Co.Per.Com Franco Mugerli (Presidente); Coldiretti Sergio Marini (Presidente); Comunione e Liberazione Giancarlo Cesana (Responsabile Nazionale); Comunità di Sant’Egidio Mario Marazziti (Portavoce); Famiglie Nuove Alberto Friso (Presidente); MCL Carlo Costalli (Presidente); Misericordie Gianfranco Gambelli (Presidente); MpV Carlo Casini (Presidente); Retinopera Paola Bignardi (Presidente); RnS Salvatore Martinez (Presidente); Associazione Guide Scouts d’Europa cattolici Solideo Saracco (Presidente); Unione Giuristi Cattolici Italiani Francesco D’Agostino (Presidente); Associazione Medici Cattolici Italiani Vincenzo Saraceni (Presidente); Unitalsi Antonio Diella (Presidente).

lunedì, marzo 12, 2007

Cosa ci tocca difendere!


All'ospedale di Careggi il piccolo Tommaso è sopravvissuto ad un aborto tardivo (non usiamo volutamente la parola terapeutici, troppo ambigua), non è stato assistito per venti minuti dopo la nascita, ed è sopravvissuto sei giorni. All'ospedale San Camillo a Roma chi si sottopone ad aborto tardivo firma un "consenso informato" con cui chiede di non rianimare il neonato, se sopravvive all'aborto. Questi fatti ci fanno orrore. E sembrano non essere eventi eccezionali, almeno da quanto trapelato dai giornali. La legge 194/78 sull'aborto nell'art 7 prevede che dopo i primi novanta giorni di gravidanza: "Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. art.6, a) L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, puo' essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna" Cioè, se la gravidanza è in fase avanzata, tanto da far ipotizzare la possibilità che il feto nasca vivo, la madre può abortire solo se è in pericolo di vita, e bisogna far di tutto per salvare il neonato: la 194 cerca di limitare al massimo gli aborti tardivi. I fatti del Careggi e del San Camillo, così come riferiti dai media, sembrano evidenti violazioni di questa legge, che tutti a parole dicono di non voler toccare, ma che poi molti disattendono. Vogliamo sapere cosa sta succedendo negli ospedali italiani dove si praticano aborti tardivi . Vogliamo sapere quanti sono i feti espulsi vivi, vogliamo sapere quanti ne sopravvivono, vogliamo sapere se viene fatto di tutto per salvarli. Vogliamo sapere se ci sono violazioni alla legge 194 (e al codice penale). Noi quella legge non l'abbiamo voluta. L'abbiamo subita. Adesso chiediamo che venga rispettata in tutte le sue parti. Cosa ci tocca difendere!

domenica, marzo 04, 2007

Chi ci sgomenta...


In questi giorni sarebbe dovuto uscire in Italia "Shooting Silvio", film che racconta l'omicidio dell'attuale capo dell'opposizione Silvio Berlusconi.
Tra qualche settimana, precisamente il 16 marzo, uscirà nelle sale "Death of president - Morte di un presidente", film che ipotizza l'assassinio del Presidente degli Stati Uniti d'America Geroge W. Bush in un prossimo futuro (19 ottobre 2007).
Entrambi i film contribuiscono sicuramente a fomentare quella cultura dell'odio e di disprezzo nei confronti del proprio avversario politico. L'avversario viene quindi demonizzato e visto come un nemico da eliminare a qualunque costo. Se qualcuno avesse dei dubbi su quanto da me appena sostenuto, basta che si vada a vedere il trailer del primo film (www.shootingsilvio.com) che si conclude con questa frase canzonatoria, dal tono velatamente minaccioso: "Ti fischiano le orecchie presidente?". A mio parere operazioni di questo genere meritano solo una parola: vergogna!